L’abito è sempre la forma.
Noi siamo sempre il contenuto.
Cambia la relazione.
Non è più la forma a plasmare il contenuto ma è il contenuto che plasma la forma.
L’abito si veste di noi.
Il percorso annuale, che sarà strutturato su due livelli, è rivolto a tutti e si propone di insegnare alcune tecniche di decostruzione di ispirazione giapponese.
La proposta nasce dall’osservazione dei cambiamenti introdotti nell’ambito della moda dagli stilisti giapponesi contemporanei, cambiamenti che suggeriscono una nuova filosofia dell’abito e delle sue forme. A fronte del rigore della tradizione sartoriale occidentale, vediamo sfilare forme larghe e fluenti, tagli morbidi e irregolari, ampi squarci nei tessuti, cambiamenti che ci colgono impreparati….
Cosa sta dietro a queste proposte?
Quale idea di abito?
Quale idea di corpo?
E ancora più a fondo, quale idea di persona?
Durante il percorso proposto proviamo ad indagare questa nuova filosofia, con una riflessione che nasca da un “fare” concreto e tangibile, articolando la formazione in due momenti.
In particolare, il primo livello, che si racchiude in un incontro di tre giorni ed è obbligatorio per chi volesse proseguire il cammino, è dedicato allo studio di un cartamodello classico e alla sua successiva destrutturazione. Si analizzeranno i princìpi base della decostruzione, con l’obiettivo di acquisire una tecnica semplice ed efficace. Letteralmente “de-costruire” significa togliere una costruzione esistente, ma più in profondità è l’atteggiamento attraverso cui i filosofi del sospetto indagavano la realtà: smontare ciò che si presenta all’evidenza per mostrare cosa sta dietro. Allo stesso modo decostruire un abito significa privare il modello di quell’insieme di leggi e regole che costituiscono lo stereotipo per la sua creazione e osservare ciò che queste leggi nascondono.
Liberato da questa “gabbia”, l’abito svela e rivela ciò che sta dietro la forma, mostra l’intenzione di chi lo crea e persino il significato culturalmente associato al termine ‘vestire’. Questa libertà proposta dai giapponesi è a sua volta una libertà solo apparentemente senza regole: il processo di decostruzione, infatti, non è frutto della casualità ma è esso stesso frutto di regole, per quanto più libere ed intuitive.
Arrivati a questo punto, liberato il modello da ogni schema precostituito, occorre ridare forma, ridare un senso, una nuova vita all’abito.
Il secondo livello del corso, articolato in più incontri, sarà dedicato proprio a questo aspetto, attraverso l’approfondimento e lo studio dettagliato delle forme geometriche piane (il cerchio, il quadrato, il triangolo, il rettangolo e l’ovale), fino ad arrivare alla decostruzione applicata alla tridimensionalità, utilizzando tecniche semplici e giocose. Si tratta di dare concretezza al nuovo approccio alla forma analizzato in precedenza, progettando un abito senza ricorrere alle regole classiche, ma con il metodo intuitivo di Agostina Zwilling.
Avremo tutto ciò che serve per creare: gli strumenti del sarto e le domande da cui partire, perché fare è conoscere, sempre.
Cosa significa vestire?
Che relazione c’è tra abito e corpo?
Come posso dare forma a ciò che si agita dentro di me, attraverso un modello?
L’abito cambia “veste”, non serve più a coprire ma a “rivelare”, a esprimere noi stessi. Diventa narrazione di qualcosa di personale, nella misura in cui decidiamo di svelarci agli altri. Ecco che le forme morbide, drappeggiate, fascianti, irregolari diventano linguaggio e lo spazio tra l’abito e il corpo diventa luogo di libertà, con un significato diverso per ognuno.
L’ultimo incontro del secondo livello darà voce a questa espressione personale attraverso il progetto di un pattern che, partendo da una forma a scelta e attraverso le conoscenze acquisite, porterà alla realizzazione di un abito, in un contesto ispirato al design degli architetti giapponesi contemporanei.